Agnini Gregorio

Finale Emilia, 27 settembre 1856

Considerato il più celebre apostolo del socialismo modenese, è uno dei pionieri del movimento cooperativo. Primo deputato socialista modenese, venne eletto dal 1891 e riconfermato sino alle elezioni del 1924. Eletto numerose volte nelle assemblee elettive locali, nel 1920 divenne consigliere comunale a Modena e presidente del Consiglio provinciale. Fu uno dei bersagli polemici e fisici preferiti dagli squadristi, che lo aggredirono a più riprese e gli devastarono anche lo studio. Nell’ottobre 1922 aderì al Partito socialista unitario e, per sfuggire a possibili altre violenze, trasferì il proprio domicilio a Roma. Dopo le Leggi eccezionali e la sua estromissione dal Parlamento nel 1926, in seguito alla scelta di aderire all’Aventino con gli altri deputati antifascisti, abbandonò l’attività politica. Dopo la Liberazione è chiamato nell’aprile 1945 a guidare l’Amministrazione provinciale e viene nominato nella Consulta. In quanto decano, presiede la prima seduta del 24 settembre 1945. Pochi giorni dopo, il 5 ottobre, si spegne a Roma.


Carpigiani Umberto

Mirandola, 12 giugno 1904

Studente di musica a Modena, si avvicinò alla politica giovanissimo. Nel 1919 tentò di unirsi ai legionari fiumani ma venne fermato dalle truppe regolari e rispedito a casa. Successivamente, promosse la fondazione del fascio di Perugia e di altri dell’Abruzzo. Fu tra i più violenti squadristi di Modena. Venne ucciso il 26 settembre 1921 dalle guardie regie insieme ai fascisti Duilio Sinigaglia, Gioacchino Gallini, Ezio Bosi, Aurelio Sanlej, Alfredo Zulato e Giovanni Micheli e Tullio Garuti. Carpigiani fu l’autore della bastonata alla testa a un agente di pubblica sicurezza che scatenò la reazione della forza pubblica, sotto i cui colpi il mirandolese fu il primo a cadere.


Chiossi Oreste

Sozzigalli di Soliera, 26 febbraio 1887

Iscritto al Psi dal 1909, nel 1919 divenne gerente responsabile del settimanale socialista “Il Domani” e alle elezioni politiche fu eletto deputato. Alle successive elezioni del 15 maggio 1921 risultò il primo dei non eletti. Per il ruolo ricoperto nel movimento contadino e nelle amministrazioni “rosse” Chiossi fu oggetto di spedizioni squadriste. Ottenuto regolare passaporto, nel luglio 1921 sbarcò in Argentina, dove lo raggiunse anche la famiglia. Dalla metà degli anni Trenta a Buenos Aires cooperò a tutte le iniziative del locale Comitato italiano contro la guerra in Abissinia, del comitato per la costituzione di un Fronte unico proletario contro il fascismo e dei Patronati Italiani di aiuto alle vittime antifasciste. Dopo l’inizio della seconda guerra mondiale si fece promotore di un Comitato italiano pro Sovieti e si impegnò in una raccolta di fondi per aiutare la Croce Rossa dell’Unione Sovietica. Morì a Buenos Aires nella notte fra il 9 e il 10 maggio 1943.


Donati Pio

Modena, 18 aprile 1881

Secondo di nove figli di una delle famiglie più importanti della comunità ebraica di Modena, si laurea in giurisprudenza ed esercita con successo la professione di avvocato. Dopo un’iniziale adesione a partiti moderati, dal 1911 assunse numerose cariche nel Partito Socialista, nel movimento sindacale, in istituzioni che si occupano di istruzione ed educazione e nel mondo cooperativo. Nelle elezioni politiche del novembre 1919 venne eletto deputato e l’anno seguente entrò a far parte della prima giunta comunale socialista di Modena, come assessore. Nelle elezioni politiche del maggio 1921, nonostante il crollo dei consensi al Psi, venne rieletto deputato. Con l’avvento del fascismo divenne l’obiettivo principale degli squadristi modenesi. Grazie anche alla protezione costante della forza pubblica riuscì a sfuggire quasi sempre alle aggressioni fisiche. Nel 1922 aderì al Partito socialista unitario e nel 1926, dopo la devastazione del suo studio, decise di lasciare Modena. Il 19 maggio 1927 morì di leucemia fulminante.


Ferrari Enrico

Modena, 27 maggio 1887

Tipografo a Reggio Emilia, inizialmente su posizioni sindacaliste rivoluzionarie, si spostò successivamente su posizioni socialiste. Nel febbraio 1919 si trasferì a Modena dove, assieme a Paolo Bentivoglio, assunse la segreteria della Camera del lavoro unitaria. Alle elezioni politiche del novembre 1919 venne eletto deputato. Partecipò al congresso di Livorno, aderendo al Partito comunista. Il 3 marzo 1921 si trasferì con la famiglia a Roma, dove venne nominato vice segretario della Camera del lavoro confederale, carica che lasciò in ottobre per trasferirsi prima a Modena e poi a Forlì, dove ricoprì il ruolo di segretario della vecchia Camera del lavoro. Dichiarato decaduto dalla carica di deputato dopo l’introduzione delle Leggi eccezionali, venne assegnato al confino di polizia per cinque anni alle isole Tremiti (Foggia). Il 4 giugno 1928 il Tribunale speciale lo condannò a quindici anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione, per «cospirazione contro i poteri dello Stato». Morì a Roma il 12 gennaio 1969.


Enzo Ponzi, tra i fondatori del fascio nel 1920, qui ritratto come capitano degli arditi nel marzo 1918. Istituto Storico Modena

Ponzi Vincenzo (Enzo)

Torino, 1894

Figlio di un generale, addetto per molti anni alla Scuola Militare di Modena e combattente pluridecorato della Grande Guerra, anche Enzo Ponzi prese parte al conflitto (nel XIV reparto d’assalto Fiamme Nere), ottenendo una medaglia d’argento, una di bronzo e diversi altri riconoscimenti. Dopo la guerra venne destinato a comandare il presidio militare di Minervino Murge, dove si distinse, tra l’altro, nella repressione di moti popolari. Nel febbraio del 1920 venne tuttavia degradato, passando da capitano a soldato semplice, per alcune «indelicatezze nel giuoco». Studente in Giurisprudenza e socio del circolo impiegati di Modena, Ponzi si mise in luce come giornalista della Gazzetta dell’Emilia e presidente dell’Associazione Studenti Universitari. Fu proprio con un appello fatto circolare all’interno di quest’ultimo sodalizio, alla fine di aprile del 1920, che Ponzi lanciò la proposta di costituire una sezione del fascio a Modena, dopo la breve e fallimentare esperienza diciannovista. Mussoliniano, entrò in contrasto con la maggioranza del fascio di Modena a proposito del patto di “pacificazione”, osteggiato dagli intransigenti. Dimessosi da segretario politico, la sua carriera politica proseguì, da quel momento, lontano da Modena.


Ruini Mario

Modena, 2 settembre 1902

Studente di belle arti, aveva partecipato molto giovane all’impresa fiumana. Tornato a Modena, era diventato un acceso squadrista come il fratello Arrigo (anch’egli ex legionario con D’Annunzio). Mario Ruini venne ucciso da un gruppo di anarchici a Modena, sulla via Giardini, nei pressi dell’antica osteria del Gallo, il 21 gennaio 1921. Ai suoi funerali venne fatto fuoco sul corteo, uccidendo Orlando Antonini e Augusto Baccolini.


Sinigaglia Duilio

Modena, 14 ottobre 1898

Di famiglia ebraica, diplomato in ragioneria all’Istituto tecnico commerciale “Barozzi” di Modena, Sinigaglia aveva partecipato alla prima guerra mondiale col grado di sottotenente di Fanteria. Ferito e catturato dagli austriaci durante la ritirata di Caporetto, rimase fino al 15 maggio 1918 nel campo di concentramento di Wegscheid bei Linz, in Alta Austria, poi in quello di Braunau, in Boemia, fino al 2 novembre 1918, quando insieme ad altri abbatté i reticolati e tornò a casa. Dopo aver partecipato alla fondazione del primo fascio di Modena, nel 1919, si unì ai legionari di D’Annunzio a Fiume, dove rimase fino al 4 gennaio 1921. Rientrato a Modena divenne capo della squadra d’azione La Disperata, segretario amministrativo del fascio e anche comandante delle squadre d’azione della federazione provinciale. Come tale, prese parte e condusse molti assalti ai sovversivi e alle loro sedi. Un particolare accanimento lo riservò al deputato socialista e suo correligionario Pio Donati. Il 26 settembre 1921 venne ucciso a fucilate dalla guardia regia, nel corso di una manifestazione non autorizzata della quale era stato tra i principali promotori. Venne celebrato a lungo come il principale “martire” fascista di Modena, fino a quando, l’introduzione delle leggi razziali creò una sorta di cortocircuito memoriale. I suoi famigliari vennero “discriminati”, appunto perché parenti del “martire”. Solo il fratello Angelo (a sua volta squadrista), che si era trasferito a Firenze, è arrestato e deportato nell’aprile 1944 assieme alla moglie e alla figlia ad Auschwitz, da dove non faranno più ritorno.


Tabaroni Gino

Bastiglia (MO), 1 novembre 1905

Orfano di padre, iscritto all’Avanguardia fascista, era impiegato in un laboratorio di falegnameria, quando venne ucciso da due anarchici in via Selmi (oggi viale Buon Pastore), l’11 novembre 1921.


Il primo sindaco socialista di Modena Ferruccio Teglio. Istituto Storico Modena

Teglio Ferruccio

Modena, l8 marzo 1883

Proveniente da un’importante famiglia ebraica modenese, diplomato ragioniere, lavorava alla Banca popolare di Modena. Alle elezioni amministrative del 1920 fu eletto in Consiglio comunale a Modena e fu nominato primo sindaco socialista della città. La sua gestione si scontrò tuttavia presto con il boicottaggio delle forze moderate, l’ostracismo delle banche e la violenza dei fascisti. Teglio in questo periodo fu anche licenziato dalla Banca popolare. In aprile si dimise da sindaco, ma continuò l’attività politica in forma riservata, rappresentando la componente massimalista all’interno del Psi modenese. Dopo l’introduzione delle leggi razziali si trovò privo di qualsiasi possibilità di trarre dal lavoro le risorse economiche e chiese il passaporto per emigrare. Nel 1939 riuscì a partire per l’Inghilterra, dove rimase qualche mese per poi trasferirsi a Parigi. Nel 1941 tornò a Modena, prendendo residenza presso la sorella Lidia. Dopo l’8 settembre 1943 riuscì a riparare in Svizzera grazie all’organizzazione di salvataggio degli ebrei di don Elio Monari. Rientrato a Modena subito dopo la Liberazione, riprese il suo posto nel socialismo modenese, militando nel Psiup e diventando direttore responsabile del settimanale “Il Domani”. Morì a Modena il 19 luglio 1956.


Vicini Marco Arturo

Pievepelago, 25 aprile 1874

Arrivato a Modena per svolgere la professione di giornalista e avvocato, Vicini fu un acceso nazionalista, un acceso fautore della guerra di Libia, un interventista e un combattente (sebbene in posizione defilata) nella Grande Guerra. Dopo essere stato tra i fondatori della locale sezione nazionalista e del giornale La Provincia di Modena, nel 1920 prese la tessera del fascio e alle elezioni politiche del 1921 fu eletto deputato. Alternò sempre l’attività legale (aveva uno studio a Modena e uno a Pavullo) con quella politica e amministrativa. In tribunale difese un gran numero di squadristi. Venne ferito nel corso della sparatoria che costò la vita a otto fascisti, il 26 settembre 1921 in via Emilia. Vicini era tra i promotori della manifestazione non autorizzata che degenerò, provocando la reazione delle guardie regie. In quell’occasione Vicini ottenne una medaglia d’argento al valore civile con la motivazione che aveva tentato di fermare i suoi compagni di fede, subito dopo l’eccidio, mentre aggredivano la forza pubblica coi bastoni. Fu confermato deputato nel 1924 e nel 1929 venne nominato senatore a vita. Dopo l’8 settembre rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale. Fu dichiarato decaduto dalla carica di senatore con sentenza dell’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo del 29 settembre 1945. Morì a Modena il 10 gennaio 1956.