Il fascismo nacque milanese, ma crebbe in Emilia-Romagna. Fu infatti in questa regione, vero e proprio laboratorio della politica novecentesca, che il movimento fondato da Mussoli­ni s’irrobustì. Fino ad avere la forza per traghettarsi da vinci­tore a Roma.

Naturale raccordo di ambienti distanti, luogo di passaggio obbligato per chiunque voglia attraversare la peni­sola, l’Emilia-Romagna ebbe un ruolo fondamentale nelle vicende della crisi dello Stato liberale. Fu infatti il suo con­trollo, affermato attraverso il dispiegamento di una violenza cieca e fin lì inedita, a consentire al fascismo di ergersi a fe­nomeno nazionale. La sfida dell’operazione storiografica qui presentata è dunque quella di rinnovare lo stato degli studi regionali sullo squadrismo, riorganizzando l’ampia mole di documenti esistenti sulla base di una serie di essenziali do­mande. Quale ruolo ebbero i momenti elettorali, in partico­lare il delicato passaggio amministrativo dell’autunno 1920? Come si esercitò, nelle forme e nell’intensità, la fondamenta­le leva della violenza? Si possono individuare strategie comu­ni all’interno del variegato fascismo regionale? Si tratta sola­mente di alcuni interrogativi, tra i tanti che si potrebbero avanzare, a cui i ricercatori impegnati nel progetto hanno cercato di rispondere accendendo così una nuova luce su un fenomeno che ha segnato la storia del nostro Paese.

A cura di Andrea Baravelli

Edizioni Pendragon Bologna, 2022