All’indomani di un evento tanto sconvolgente quale fu la grande guerra, si pose in modo naturale e scontato il problema del rinnovamento della classe dirigente nazionale. Se fosse possibile tornare a quei giorni e si potesse ascoltare quel che gli italiani dell’epoca si dicevano, molto probabilmente ritornerebbe ossessivo il solito ritornello: «è impossibile che tutto ciò sia avvenuto per nulla, vedrai che nel giro di poco in questo paese cambierà ogni cosa».

L’aspettativa rispetto al mutamento che si sarebbe inevitabilmente prodotto era quindi elevatissima, e ciò non poté non favorire le fortune di decine e decine di uomini nuovi, privi fin lì dell’indispensabile corsus honorum ma animati dall’incrollabile fiducia nelle proprie doti e nelle possibilità che il momento metteva a disposizione. Tali figure comparvero all’interno di tutti gli schieramenti politici. Se il mondo liberale, che già aveva subito un profondo ricambio generazionale alla vigilia del conflitto, riuscì a contenere i tassi di sostituzione dei suoi rappresentanti, una vera e propria rivoluzione negli organici del personale politico si ebbe in tutte le altre formazioni. Tra partiti appena nati – quello dei cattolici, che promosse a dirigenti politici tutta una schiera di validi organizzatori – e formazioni – come quella socialista, ad esempio – animate da una profonda dinamica interna, si produsse quindi una sorta di gara a chi avrebbe dimostrato di essere maggiormente in sintonia con il sentimento generale che animava il paese. Per non parlare dei partiti estremi dell’universo interventista, che negli ex combattenti, cioè negli uomini che incarnavano il desiderio di rinnovamento della nazione per mezzo del fuoco creatore del conflitto, investirono quale classe dirigente del futuro. Se analizziamo poi gli eventi dell’immediato dopoguerra rimaniamo colpiti dalla giovane età dei protagonisti, quasi tutti, a dispetto della grandezza delle imprese compiute, nel bene o nel male, quasi sempre poco più che ventenni. La politica del dopoguerra fu quindi, anche e soprattutto, una politica fatta da uomini, inevitabilmente gravati del personale loro carico di aspettative, di ambizioni, di odii e di paure. Da quelle figure, che riteniamo sia indispensabile mettere bene a fuoco, attraverso le schede prosopografiche di seguito presentate, occorre ripartire per tornare a riflettere sull’immediato dopoguerra italiano.

Andrea Baravelli