Il progetto ricerca, condiviso dalla rete regionale degli Istituti Storici, ha come obiettivo quello di promuovere la riflessione critica sulle ragioni, sui tempi e sulle forme dell’affermazione squadrista in Emilia-Romagna.

Il fascismo s’impose qui bastonando e uccidendo, interpretando l’azione politica come uno scontro mortale contro il nemico. A dispetto della rappresentazione elaborata negli anni successivi, fondamentale nel diffondere lo stereotipo bonario ancora oggi esistente, le spedizioni punitive delle camicie nere furono infatti azioni di rara brutalità, compiute avendo chiaro l’obiettivo di colpire le persone per distruggere le organizzazioni. Il merito delle pagine che qui si presentano, con tanto di tabelle, grafici e riassunti, è dunque quello di ristabilire la ricostruzione degli eventi. Al di là del racconto squadrista, che pure costituisce una fonte importante per descrivere l’universo mentale dei carnefici, occorre evidenziare il fatto che la violenza rappresentò l’elemento cruciale dell’affermazione fascista. Ciò che le permise, oltre che d’imporsi nel frammentato campo delle forze patriottiche, di stringere saldi legami che quei soggetti – dalle forze dell’ordine alla magistratura, dal mondo militare ai prefetti – che in teoria avrebbero dovuto tutelare l’ordine costituito. Grazie alla violenza, lo squadrismo ridisegnò infine la geografia politica della regione, cancellando i risultati elettorali e imponendo – con le dimissioni forzate delle Giunte comunali – una gravissima alterazione del concetto stesso di rappresentanza. L’obiettivo è dunque quello di offrire nuovo materiale al dibattito pubblico, frutto di un accurato lavoro di analisi delle fonti e di riorganizzazione grafica delle stesse.

Nel dibattito culturale e politica degli ultimi anni si è infatti affermata un’immagine del Ventennio che, calcandone i tratti caricaturali e grotteschi, legge quell’esperienza come un periodo vissuto un po’ superficialmente, segnato dalla deresponsabilizzazione e dal conformismo. La stessa fase dello squadrismo e della cosiddetta conquista del potere viene quindi ridotta, sulla falsariga dell’autorappresentazione delle camicie nere, quale momento giocoso e goliardico, di spedizioni punitive invariabilmente destinate a concludersi, dopo molto cantare e tanti schiamazzi, in sane scazzottate di paese, con tanto di dissacranti scherzi e un po’ di semplici contusioni sulla pelle. Il merito delle pagine che qui si presentano, condite di dati e tabelle, di grafici e riassunti, è riportare ordine nelle narrazioni e ristabilire la verità dei fatti. Lo squadrismo dei primi anni Venti fu infatti un fenomeno connotato da rara violenza, diffusa sul territorio e in grado, attraverso un processo di saturazione, di trasformare la stessa concezione dello spazio pubblico e dell’agire politico. Al di là dell’autorappresentazione degli squadristi, che pure costituisce una fonte di grande importanza, per la possibilità di confrontare lo iato che separa la fredda realtà dei dati dall’epos farlocco della narrazione, la violenza fu infatti l’elemento cruciale dell’affermazione fascista. Attraverso la lunga sequela di aggressioni, selvagge bastonature, incendi e devastazioni, minacce e uccisioni, lo squadrismo non solo disarticolò l’organizzazione del socialismo padano, ma s’impose sulle impotenti – o conniventi – istituzioni dello Stato; attraverso l’uso della violenza, lo squadrismo ridisegnò anche la geografia politica della regione, cancellando i risultati elettorali e imponendo – attraverso l’imposizione delle dimissioni delle giunte comunali – l’alterazione del concetto stesso di rappresentanza. L’obiettivo è dunque quello di offrire nuovo materiale al dibattito pubblico, frutto di un accurato lavoro di analisi delle fonti e di riorganizzazione grafica delle stesse.